Ordini professionali, freno sulla pubblicità

 

Gli ordini professionali nazionalie locali possono scegliere di disapplicare le indicazioni Anac in materia di trasparenza. E, quindi, non pubblicarei dati su compensi e spese di viaggio dei loro organi di vertice, motivando però la loro decisione ed esponendosi al rischio di possibili sanzioni. È il senso della sentenza del Tar Lazio 1734 del 2018, nella qualei giudici amministrativi hanno analizzato il ricorso presentato dal presidente del Consiglio nazionale forense, Andrea Mascherin sull’estensione degli adempimenti che discendono dalle legge Severino (in particolare, dal Dlgs 33/2013). La questione riguarda la determinazione dell’Anac n. 241 del 2017, che analizza gli obblighi in materia di trasparenza per chi ricopre incarichi pubblici. Quelle linee guida, secondo quanto spiegava l’Autorità, sono applicabili anche agli ordini professionali. Questo vuol dire che per incarichi di amministrazione, di direzioneo di governo andranno pubblicatii compensi di qualsiasi tipo, percepiti a carico della finanza pubblica, le spese di viaggioe di missione. Contro questa interpretazione ha presentato ricorso il presidente del Cnf, chiedendo lo stralcio di quella porzione della linea guida dedicata proprio agli ordini.

La sua posizione è, nella so­ stanza, che questi obblighi si applicano solo ai titolari di incarichi politici di Stato, Regioni ed enti locali. Anche perché gli ordini sono fuori dall’elenco Istat che definisce i confini della Pa. A questi argomenti ha risposto l’Anac, spiegando che le linee guida in questione hanno carattere non vincolantee che, quindi, sono prive di qualsiasi contenuto lesivo. Il ricorso, allora, non sarebbe ammissibile. Il Tar dà ragione all’Autorità, accogliendo l’eccezione di inammissibilità. Ma, di fatto, apre uno spazio alla possibilità di disapplicare gli obblighi di trasparenza. I giudici fanno, cioè, proprie le ragioni già espresse dal Consiglio di Stato, spiegando che «le linee guida in questione costituiscono un atto non regolamentare mediante il quale l’Anac chiarisce la portata applicativa» della norma. Se vogliono, quindi, gli ordini potranno «discostarsi dalle linee guida mediante atti che contengano un’adeguata e puntuale motivazione, anche a fini di trasparenza, idoneaa dar conto delle ragioni della diversa scelta amministrativa». Dalle indicazioni dell’Anac, in questo caso, non discende allora un obbligo diretto. Anche se, in futuro, l’Autorità potrà scegliere di sanzionare gli ordini che non pubblicano i dati. E questi potranno rispondere con un nuovo ricorso.